Tracce nel bosco #2

L’istrice

Per chi frequenta il Bosco abitualmente la presenza di aculei bianchi e neri, più o meno lunghi, non è una novità. A volte, però, può risultare difficile associare al proprietario degli aculei le orme o altri suoi segni di presenza.

Coppia di istrici all’imbrunire

L’istrice, Hystrix cristata, è uno dei roditori più grandi presenti in Italia. Il suo nome deriva dal greco e significa “pelo in alto”, un chiaro riferimento alla peculiarità di questo animale. Nel complesso dà l’impressione di un animale tozzo e robusto. Le zampe sono corte, muscolose e larghe con cinque dita, l’alluce è più sviluppato nei piedi posteriori e rudimentale negli anteriori. La testa è leggermente allungata, gli occhi sono ben visibili, a differenza delle orecchie (molto simile alle nostre) immerse nelle setole. Le setole sono scure e, sopra il collo, si allungano andando a formare una cresta che conferisce il nome alla specie. Nella sottospecie presente in Italia (H. c. cristata) manca il collare bianco delle specie africane. L’estensione e l’intensità del colore del collarino, quando è presente, sono legati all’età dell’animale. Un pelo vero e proprio è visibile solo sopra l’attaccatura della coda e sul muso. Lunghe vibrisse si dipartono dall’area nasale. Gli aculei, neri con bande bianche, si trovano sul dorso, sui fianchi e sulla coda. La loro lunghezza varia dai 3 ai 30 cm, quelli più lunghi si sviluppano nella parte centrale del dorso, quelli più corti, invece, sulla coda. Questi ultimi sono cavi all’interno e producono un suono caratteristico (una sorta di crepitio) quando l’istrice, a scopo difensivo o comunicativo, li scuote. Gli aculei sono dei grossi peli modificati. Come i nostri peli, sono formati da filamenti di cheratina e possono essere eretti se l’animale si sente minacciato. Quindi, quella degli aculei “sparati” a distanza dall’istrice è solo una leggenda; più verosimilmente si staccano e rimangono conficcati nelle carni del predatore durante una lotta.

Il peso è compreso fra i 10 e i 15 chilogrammi e la femmina è poco più grande e pesante del maschio. Udito e olfatto sono molto sviluppati, la vista è pessima. Può compiere delle “migrazioni stagionali” da un territorio ad un altro vicino in cerca di cibo o di un territorio più ospitale.

Come in tutti i roditori l’istrice presenta incisivi molto sviluppati, quelli superiori più corti e robusti rispetto a quelli inferiori. La sua dieta è vegetariana ed è costituita soprattutto dalle parti ipogee delle piante, come bulbi e rizomi, che l’animale raggiunge scavando delle buche nel terreno. Di essa fanno parte anche semi, bacche, la corteccia di alcuni alberi come il frassino. Aglio selvatico, ciclamino europeo, asparago comune sono tra le specie spontanee più comunemente consumate; mais, patata e barbabietola fra quelle coltivate. Se l’istrice ha bisogno di un maggiore apporto di calcio o sente il bisogno di levigare gli incisivi, rosicchia anche ossa di altri animali che rinviene in giro. Le sue ottime abilità di scavatore sono utilizzate anche nella costruzione della tana, per la quale predilige terreni compatti, acclivi e coperti dalla vegetazione. Può utilizzare i rifugi scavati dal tasso con il quale riesce anche a condividere la stessa tana. La struttura, in base al numero di individui e alla disponibilità alimentare, può variare da un ingresso e un antro sotterraneo, fino a sette ingressi con tre antri sotterranei e numerose gallerie. Con il susseguirsi delle stagioni e delle temperature l’istrice può cambiare anche l’utilizzo delle gallerie in base all’esposizione solare.

L’istrice è monogamo e forma delle coppie stabili che durano tutta la vita. E’ abbastanza longevo, alcuni individui in cattività hanno superato i 20 anni anche se, in natura, la vita media potrebbe anche dimezzarsi. Si può riprodurre in qualsiasi stagione, ma non più di due volte l’anno. La riproduzione è preceduta dal grooming (pulizia del pelo usata anche per rinsaldare i legami affettivi) e altri comportamenti come lo strofinio della testa del maschio sulla parte laterale degli aculei della femmina. L’accoppiamento avviene quando la femmina, dopo aver inclinato il bacino verso l’alto, solleva la coda sul dorso. Può dare alla luce uno o due piccoli che compongono, con la madre e il padre, il nucleo familiare nel quale rimangono fino all’età di 6-8 mesi. A 9 mesi e con un peso di 8-9 chilogrammi, raggiungono la maturità sessuale. Sia gli adulti che i piccoli dimostrano comportamenti giocosi come corse rettilinee o circolari, bruscamente interrotte, salti e torsioni.

L’istrice è un animale notturno ed è quindi difficile riuscire ad avvistarlo nelle ore di luce, ma, oltre alle orme e agli aculei, le sue fatte (le feci), facilmente riconoscibili, possono fornirci informazioni sulla sua presenza. Esse, infatti, posseggono una forma di oliva allungata e sono disposte generalmente in gruppetti lungo i suoi percorsi abituali.

L’istrice può essere predato dal lupo e, occasionalmente, dalla volpe o da cani randagi o inselvatichiti. Nella maggior parte dei casi sono predati i giovani in quanto più vulnerabili e, soprattutto, con aculei ancora morbidi.

Fossili di Hystrix refossa sono stati ritrovati in Italia (Puglia, Lazio e Toscana) e, datati 1.5-2 milioni di anni fa, risalgono all’epoca del Pleistocene inferiore. Questa specie estinta raggiungeva anche i 25 chili di peso. Una seconda specie pleistocenica (H. vinogradovi) è stata ritrovata anche in Piemonte e Veneto. I resti ossei di Hystrix cristata più antichi, rinvenuti a San Giovanni di Ruoti in Basilicata e a Roma, risalgono al VI-VIII secolo d.C.. La presenza dell’istrice in Italia sembra essere legata ad introduzioni a scopo alimentare o venatorio effettuate dai Romani, per questo motivo il suo status di specie autoctona è spesso oggetto di discussione.

Questa specie è protetta dalla legge 157/92, è inserita tra quelle di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa nella Direttiva Habitat e rientra nella fauna rigorosamente protetta dalla Convenzione di Berna. Nonostante questo, viene illegalmente uccisa dai bracconieri per la carne o a causa dei danni che può produrre alle colture. Una delle pratiche più utilizzate per la sua cattura è quella dei lacci, generalmente posti ai limiti della proprietà. Questa pratica, già di per sè illegale, causa una morte lenta e dolorosa all’animale e può divenire una trappola mortale per qualsiasi altra specie. Un’altra pratica crudele, seppure utilizzata maggiormente nei confronti della volpe, è la “caccia in tana”: cani addestrati entrano nelle tane con lo scopo di far uscire la volpe o l’istrice che, una volta fuori, si troverà di fronte la canna di un fucile. Spesso le madri, per difendere i piccoli, lottano con i cani e finiscono per essere sbranate. Con l’istrice questa pratica può assumere una crudeltà ancora maggiore. Per evitare che i cani rimangano feriti dagli aculei, vengono allargati gli ingressi con delle pale e, calandosi all’interno, si raggiunge l’animale che viene poi ucciso con la stessa pala. Sembrerebbe che crolli accidentali possano aver causato anche la morte del bracconiere. Insieme al bracconaggio, gli elevati investimenti stradali rientrano tra le principali cause di mortalità.

L’istrice rimane una specie molto affascinante, benché spesso ignorata e sottovalutata.

Istrice in atteggiamento di allerta

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