Incontri inaspettati

A volte anche delle semplici passeggiate nel Bosco si possono trasformare in giornate ricche di emozioni e di ricordi da portare a casa. Così è stato verso la fine di ottobre quando una forte mareggiata ha interessato per giorni la costa della Riserva. Il cielo era grigio e il vento impetuoso, proveniente dal mare, trasportava l’acqua salata nebulizzata fino all’interno del Bosco e spingeva le onde fin sui tamerici, ancora vivi, e sulla duna. Una situazione che sicuramente non ha giovato al Bosco, già in condizioni critiche proprio per la carenza di acqua dolce e la vicinanza, sempre maggiore, di quella salata.

Probabilmente proprio queste difficili condizioni meteo hanno obbligato un piovanello pancianera (Calidris alpina) a sostare lungo la spiaggia del Bosco Pantano. E’ un piccolo limicolo che è presente, in Italia, di passaggio durante il periodo migratorio o per tutto l’inverno. Nidifica nella tundra e, durante la migrazione, può percorrere più di 2000 chilometri. Il piumaggio estivo presenta il dorso castano – rossiccio e una vistosa chiazza nera sul ventre, alla quale si deve il nome comune, che scompare dopo il periodo riproduttivo con l’arrivo dell’inverno. Per il resto dell’anno ha un aspetto più modesto: il dorso è grigio – bruno e le parti ventrali sono bianche.

Sotto una fine ma fitta pioggia intermittente ha trascorso tutta la mattinata in cerca di cibo. Si muoveva velocemente avanti e indietro sulla battigia stando sempre a pochi centimetri dalla spuma dell’acqua e, solo al sopraggiungere di un’onda più veloce, per evitare di bagnarsi, compiva un piccolo volo. Era alla ricerca di piccoli crostacei, vermi, molluschi o insetti che, come tutti i limicoli, ricerca nelle zone sabbiose, fangose o limose vicine a zone umide. In poco tempo, infatti, ha trovato il suo pranzo: una cicala già morta che ha ridotto in “piccole porzioni” scuotendola e sbattendola a terra con il suo lungo becco ricurvo.

Può essere che il piovanello abbia proseguito il suo lungo viaggio per svernare più a sud, magari unendosi ad un gruppo di individui della sua stessa specie, oppure abbia deciso di passare l’inverno su una costa qui vicino. Chissà se tornerà a frequentare la spiaggia del Bosco Pantano!

Terminato il cattivo tempo e rasserenato il cielo, pochi giorni dopo, del piovanello non vi era più traccia. La mareggiata, invece, aveva lasciato il segno indelebile del suo passaggio: tutta la battigia era ricoperta da un cordone, spesso diversi metri, di materiale vegetale che era stato trasportato dal mare; anche alcuni alberi, ormai secchi a seguito dell’erosione costiera e già vicini alla battigia, erano stati sradicati e spostati lungo la spiaggia. Un triste scenario che fa a lungo riflettere sul futuro del Bosco.

Il cielo era terso, il vento si era calmato e lo spray salino non era più presente. Seppure la visibilità era buona, lo spettacolo che stava per presentarsi agli occhi sarebbe stato visibile anche lontano un miglio: dalla foce del fiume Sinni iniziò ad avvicinarsi una densa nuvola nera che, dopo aver disegnato delle coreografie in cielo, scendeva sulla spiaggia e si faceva sempre più vicina. Centinaia, ma più probabilmente migliaia, di storni (Sturnus vulgaris) si muovevano all’unisono posandosi a terra per poi riprendere il volo poco dopo.

Seppure a distanza, immerso nella sua nuvola nera, lo storno può sembrare totalmente nero, quasi come una taccola; in realtà non è così. Se osservato più da vicino, l’intero piumaggio in questo periodo è chiaramente picchiettato da macchie bianche che nella testa si allineano quasi a formare delle striature. L’unica parte del corpo completamente scura è il becco. Durante il periodo riproduttivo, invece, le macchie bianche spariscono e lasciano spazio ad un nero lucido che va a contrastare con il becco giallo che, nel maschio, si colora di azzurro alla sua base.

Per diverse ore, quel giorno, tutto lo stormo ha sostato, in cerca di cibo, all’interno della macchia mediterranea. Ad ogni involo del gruppo, il rumore prodotto era simile a quello del vento che scuote le foglie ma, ovviamente, con una potenza molto differente. La cosa più stupefacente è stata che, nonostante il gran numero di individui, grazie al ricco repertorio della specie, il verso, seppure molto forte, non è mai risultato assordante o fastidioso. Ad ogni modo, di sicuro, lo storno, per il suo comportamento gregario, è una specie che difficilmente passa inosservata.

Difatti, non molto tempo dopo, una coppia di falchi di palude, attirata da una così grande quantità di potenziali prede, è arrivata sul posto. Ma non erano i soli. Uno sparviere, ben nascosto fra i rami di un tamerice, si lanciava in volo periodicamente tentando di portare a casa un bottino. Gli storni rispondevano alzandosi in volo e volteggiando in cielo oppure, appena lo sparviere si lanciava dal posatoio, rimanendo in totale silenzio per alcuni secondi. Probabilmente stavano attuando delle tattiche per confondere i predatori. Tattiche che, almeno in quel momento, devono aver funzionato dato che nessuno dei tre rapaci è riuscito nel suo intento.

Questi momenti inaspettati e unici devono farci riflettere sull’impegno che siamo disposti a mettere per la reale tutela e per la protezione del nostro Bosco. La speranza è che ognuno di noi inizi a fare qualcosa per la sua salvaguardia. Ogni anno di immobilità contribuisce alla perdita di una parte sempre maggiore di un bosco già ridotto al lumicino. Stiamo rischiando di perdere per sempre il Bosco Pantano e, con lui, tutta la bellezza, la ricchezza e l’unicità che racchiude al suo interno. Davvero vogliamo questo?

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